RICOMINCIARE

Da zero. ( quando la casa che hai costruito non poggia sulla roccia, ma sulla sabbia e tocca ripartire dall'inizio. game over.)

Da me. (quando finalmente smetto di chiedermi il perchè di tante situazioni e decido di occuparmi del ''per chi'')

Ogni volta davanti a mio figlio. (quando mi stupisce, mi spiazza, mi sfida o mi interroga con i suoi dubbi, le sue fragilità, i suo cangianti bisogni e desideri)

STO MALE! FALLIMENTO E GESTIONE DEL DOLORE

fallimento

‘‘STO MALE! SONO UN FALLIMENTO’’

Dì la verità: quante volte (al minuto) hai pensato queste cose?

Quante volte è stato un buongiorNO e l'unico desiderio che riuscivi ad esprimere era che il piumone ti inghiottisse per il resto della giornata?

A me è successo spesso. Giuro. A volte dormire era l'unico modo per avere un pò di sollievo da come mi percepivo. Odiavo essere sola e in fondo in fondo quell'odio era riservato a me. Al fallimento che io credevo di essere.

Voglio dirti questo:

TU NON SEI UN FALLIMENTO.

Al limite, HAI fallito.

Molto diverso :)

Ma come ti comporti davanti al dolore?

DAVANTI AL DOLORE DI UN FALLIMENTO RELAZIONALE, PUOI SCEGLIERE DI ESSERE 3 DIVERSE PERSONE:

1 IL NEGAZIONISTA. Non so (non voglio) affrontare il dolore e lo archivio nell'incoscio. Mi comporto da anti-adulto, cioè non decido (o non conosco) l’utilizzo delle competenze emozionali e, come avviene per i grandi traumi, metto il mio dolore in cartella Spam.

2 IL SUDDITO Fisso il fallimento in cima alla lista dei pensieri, come faccio con i messaggi chat che voglio ricordare e permetto così al mio fallimento di prendersi tutto. Il mio cervello, il mio tempo, il mio cuore, mio figlio. TUTTO. Il fallimento diventa un’ossessione e il dolore diventa il mio Re.

3 L’ILLUSIONISTA: calendarizzo ogni genere di impegno per disperdere nel caos il mio fallimento, perchè fa troppo male affrontarlo. Travesto il dolore in qualcos'altro (rabbia, grinta, euforia ) e mi metto in competizione con il mio male per sfidarlo: non per superarlo, ma per ignorarlo e illudermi che non esista.

Giochiamo a carte scoperte, ok? Io sono tendenzialmente un suddito. Ciò senz’altro deriva dalla mia pigrizia e dal mio essere irrimediabilmente femmina e incline al crogiolamento nei pensieri :)

Ovviamente tu puoi sviluppare, come tutti, una tendenza piuttosto che un’altra (o magari strafare e scegliere di cambiare atteggiamento a seconda del tipo di dolore): non c’è un tuo essere giusto o sbagliato! Ci sei tu e il tuo punto di..debolezza, che però vorrei insegnarti a far diventare il tuo punto..di partenza!

Che tu sia un negazionista, un suddito o un’illusionista ti dirò che la soluzione rispetto al dolore che proviamo è univoca e..sconvolgente!

IL DOLORE VA LASCIATO LI’ DOV’E’

Va riconosciuto (non coccolato), va vissuto (non nutrito) e va lasciato ‘‘consumare’’.

IL DOLORE FA MALE MA NON UCCIDE

E’ normale averne paura ed è normale desiderare di fuggire dal dolore interiore. Ma se vuoi essere un genitore single in rinascita, è fondamentale che tu comprenda, prima con la ragione, che il dolore mente. Che quella sensazione di disfatta, angoscia, ansia, disperazione passa. Le cose evolvono sempre. Devi sperimentare che sei Più Forte Di Te proprio qui: quando ti trovi a tu per tu con la bugia del dolore. Esso c’è ma non è più forte di te!

SAI QUANDO E’ CHE IL DOLORE PUÒ’ DAVVERO UCCIDERTI? QUANDO TU DECIDI CHE PUÒ’ FARLO

cioè quando scegli di nutrirlo con la tua rabbia, la tua invidia o la vendetta o, in altre parole, quando prendi l’abitudine a confrontarti con gli altri, con le famiglie dei tuoi amici che vedi migliori di te, con il tuo ex e la libertà che gli invidi, con la bellezza che vedi in tutti e in tutto ma non in te e nella tua famiglia piccina picciò.

Cercheremo insieme di fare qualche passo verso la guarigione interiore, per tornare ad essere felici ok?

Se non l’hai ancora fatto, scarica la guida gratuita che ho pensato proprio per iniziare questo cammino!

Sibilla

PIÙ' FORTE DI ME!

mamma single.jpg

Non avevo ancora compiuto 30 anni e mi ritrovavo ad essere una mamma single di un bambino di appena due anni.

I ''terrible two'' dicono. Per lui lo sono stati senz'altro, ma anche per me è stato il mio momento peggiore.

Ma è proprio allora che ho deciso di vivere

più forte di me.

Più forte delle mie paure, delle mie lacrime trattenute, più forte del mio cuore dilaniato, del futuro cupo che temevo, più forte dei miei sensi di colpa, dei miei difetti, delle mie fragilità e più forte anche del mio nuovo ruolo, in cui mi sentivo piccola e schiacciata da giornate pesanti e interminabili.

E’ andata così:

Era un freddo e assolato pomeriggio di Gennaio, lui aveva deciso che se ne sarebbe andato e che di ricominciare non se ne parlava proprio. Voglio dirti che ho tatuati nella mente i colori, gli odori e le parole affilate e inaspettate di quel giorno. Ricordo esattamente come mi sentivo: ero accaldata nonostante l’inverno, il battito del mio cuore era fisicamente difficile da gestire e la mia mente..! La mia mente aveva perso qualsiasi contatto con il reale dal momento che aveva preso consapevolezza di quello che stava accadendo. Ero un cortocircuito di pensieri. Se dovessi dirti a cosa assomigliasse la percezione della mia vita in quel momento, direi sabbia. L’illusione di star costruendo un castello fatato per la famiglia del Mulino Bianco che bramavo essere (più per gli altri che per me) e la sensazione che la perfezione del mio desiderio sfuggisse senza appello dalle mie mani. Avevo perso il controllo. Ora guidavano le mie paure. Ero terrorizzata e prigioniera di queste domande:

E ora? Come farò a dirlo a tutti? In che modo potrò essere un genitore single? Come potrò dire al mio bambino che il babbo non è più qui e come faccio io a stare senza mio figlio quando sarà con lui? E quando sarò sola che penseranno di me? Io che penserò di me che ho fallito nell’ultimo dei modi che mi aspettavo da me stessa?

Ho voluto condividere con te l’esattezza di ciò che pensavo per farti togliere subito dalla testa che io possa essere una Super Mamma o una Super Donna e per incoraggiarti nel confrontarti sempre con la verità delle tue fragilità, mettendo a nudo le mie.

Ciò che infatti temevo al di sopra di tutto era il giudizio. degli altri, ma soprattutto il mio.

Il confronto con il mio limite, il confronto con ‘‘la società’’, non erano rimandabili. Mi ero sempre ritenuta una ‘‘brava ragazza’’ e avevo assunto su di me questa consapevolezza senza mai aver affrontato i miei limiti e quelli che ogni essere umano ha. Se tu non scegli ogni giorno di essere consapevole di te e della tua vita, a un certo punto la vita sceglierà per te il modo attraverso il quale dovrai confrontarti con la tua speciale fragilità. E di solito il modo che sceglie non è il più delicato!!!

‘‘Mi sono sempre comportata bene, sono una ragazza affidabile e responsabile…Perchè proprio a me?’’

Questo è quello che mi ripetevo nel caos mentale di quel momento. Perchè? Perchè? Come se ci fosse una risposta al Male e come se davvero la risposta al dolore me lo avrebbe fatto sentire meno. Conoscere il motivo delle disgrazie che ci capitano o l’elenco esatto degli errori che ci hanno portato al fallimento, non ci esenteranno dal soffrire e non ci aiuteranno a porci le domande giuste.

Concentrarsi sul ‘‘perchè’’ ti rende schiavo del passato, del rancore, delle paure.

Concentrarsi sul ‘‘PER CHI’’, ti rende libero di ricominciare.

Non so come sia successo.

Ma io, che non frequentavo Chiese dalla Prima Comunione, dopo che lui uscì da quella porta e fui sola con il mio vuoto e le mie paure, mi ritrovai in macchina a guidare, poi in una chiesa grande e vuota e infine con l’anziano e dolce Don Faliero, che non mi conosceva e che mi accolse, che mi abbracciò e che mi disse proprio ciò che ho condiviso con te qualche riga più su.

‘‘Non chiederti PERCHE’ ma PER CHI’’.

Don Faliero fu la mia prima guida spirituale e magari, un giorno, se vorrai, ti racconterò anche quella parte della mia storia.

Ma quello che volevo dirti oggi, aldilà che tu creda o non creda, è che l’unica domanda che devi porti rispetto alla fine della tua relazione e della tua monogenitorialità è questa:

Cosa POSSO FARE io oggi? PER CHI posso farlo?

Per CHI posso vivere al meglio di me?

Scommetto che ti verrà in mente tuo figlio. Va bene. Sia lui il tuo primo ‘‘per chi’’!

Se pensi di essere un genitore fallito, perso, colpevole, triste, impotente, solo, ricordati di non dare al Male l'ultima parola.

Anche tu, se vuoi, puoi diventare Più Forte di Te.

Sibilla