FERITE E CICATRICI

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Ho diverse cicatrici.

Una delle più grandi è su un polpaccio e deriva da un’ustione.

Ogni volta che la vedo mi ricordo…che il fuoco brucia! Non che non lo sapessi anche prima eh, ma evidentemente noi umani siamo fatti così: ci piace rischiare a volte, sfidare i limiti o, come racconta questa mia cicatrice, lasciarci ‘‘sorprendere’’ dalla realtà quando decidiamo di distrarci da lei.

La seconda cicatrice è la più profonda (in tutti i sensi) ed è quella del taglio cesareo.

Si, perchè G ha sempre avuto la tendenza a sorprendermi per le sue scelte ed infatti, inaspettatamente, quando era solo di 60cm e a pochi minuti dalla nascita, decise che sarebbe stato più 'sfidante per lui e la sua mamma, mettere la testa in posizione di Bregma. Accade solo nell’1% dei parti, ma era bene chiarire fin da subito che noi saremmo stati qualcosa di speciale :)

La cicatrice del cesareo arriva come sigillo di una gravidanza ferita e come promemoria quotidiano del taglio che la mia maternità ha posto nei confronti della Sibilla pre G.

Fare pace con questa ferita non è stato e non è per niente facile, perchè fisicamente la cicatrizzazione è stata lenta, dolorosa, con complicanze mediche e tutt’ora incompleta.

Emotivamente, molte donne che hanno subito un cesareo d’urgenza, si trovano a combattere contro quel senso di inadeguatezza e delusione per non essere state ‘‘capaci’’ di partorire naturalmente. Il mio corpo dopo la gravidanza è cambiato (è normale e giusto che sia così) e purtroppo il mio addome non ha gradito di essere stato affettato in fretta e furia :)

L’accettazione dei cambiamenti anche fisici non è sempre lineare, ma essermi ritrovata a dover gestire una monogenitorialità, per così dire, in progress (per un paio di anni la coppia, sulla carta, ancora esisteva), mi ha portata a dimenticarmi forzatamente delle mia cicatrice.

Seppellendo nello scorrere dei giorni di una neomamma, sia la cura del mio corpo, sia l’amore per la mia anima ferita.

Ma si sa, le ferite mal cicatrizzate possono riaprirsi violentemente quando urtiamo contro uno spigolo della realtà e rimettere le mani, dopo tanto tempo, su certi tagli, è molto più complesso, doloroso e lungo.

Ma tant’è, non mi lamento: l’importante è che abbia trovato la mia ‘‘crema cicatrizzante’’, anche se ci sono occorsi degli anni!

L’ultima cicatrice che ti racconto ha ben poco senso di per sè, ma fra breve capirai dove voglio andare a parare.

Ho deciso di rimuovere chirurgicamente una piccola ciste , nonostante il dermatologo mi avesse più volte informata che la cicatrice poteva essere peggiore della ciste in sé.

Ma ormai avevo scelto e ho seguito poi scrupolosamente le indicazioni di cura datemi dal medico: per qualche settimana G ha voluto farmi da infermiere e occuparsi con amore e responsabilità dei miei cerotti e, una volta tolti i punti, abbiamo insieme guardato la cicatrice, (che non è niente male!) e ogni sera lui mi fa un massaggino con la crema cicatrizzante.

Questa banale esperienza mi ha fatto capire che

Non conta SE hai una ferita, o PERCHÉ, ma COME ti rapporti alle tue cicatrici.

Spesso il dolore o il disagio che proviamo, deriva da una cattiva cicatrizzazione.

Il tempo non guarisce tutto: il tempo può chiudere superficialmente una ferita.
Ciò che la sana è:
- la cura
 che vi mettiamo,
-  l’impegno a stare quotidianamente su quella ferita fino a che sarà risarcita anche in profondità
- e il lavoro di accettazione di una cicatrice che comunque resterà sulla nostra pelle.

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Ti lascio con un piccolo esercizio di consapevolezza

per cominciare a prenderti cura delle tue cicatrici: credo che ognuno di noi desideri che la ferita della monogenitorialità possa trasformarsi in una feritoia, cioè un’opportunità di far entrare luce laddove vediamo buio!


esercizio ferite

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